Ordinanza di Cassazione (Sez. I, ord. 30 maggio 2025, n. 14459), che chiarisce i criteri per il riconoscimento dell’assegno divorzile con funzione compensativo-perequativa.
🔍 Punti principali dell’ordinanza:
1. Finalità perequativa‑compensativa
L’assegno mira a riequilibrare il divario economico tra ex coniugi generato da scelte familiari (es. rinuncia al lavoro, cura dei figli) durante il matrimonio .
2. Onere della prova
Chi chiede l’assegno deve dimostrare il contributo significativo alla vita familiare – si intende anche impegno nella cura e assistenza, con evidenze quali rinuncia a opportunità lavorative, denaro o risorse personali messe a disposizione della famiglia .
3. Conseguenze della mancata prova
Se non viene dimostrato tale contributo o le rinunce professionali, l’assegno può essere concesso solo per motivi assistenziali: cioè quando il richiedente non ha mezzi sufficienti per una vita dignitosa o non può procurarseli per ragioni oggettive .
4. Rinvio per nuovo esame
Nel caso concreto, il Tribunale di Bologna e la Corte d’Appello avevano riconosciuto l’assegno senza verificare il nesso tra squilibrio e contributo familiare. La Cassazione ha quindi cassato la sentenza e rinviato il caso per una nuova valutazione .
đź§© Implicazioni pratiche
Chi chiede l’assegno deve documentare in modo concreto le rinunce professionali o economiche apportate alla famiglia.
La semplice disparità economica non basta: dev’essere provato che questa dipende dalle scelte familiari durante il matrimonio.
In assenza di prova, l’assegno può essere limitato o trasformarsi in un sussidio assistenziale.
Pertanto la sentenza n. 14459 del 30 maggio 2025 ribadisce e specifica che l’assegno divorzile con funzione compensativa richiede prova del contributo oggettivo alla vita familiare. In caso contrario, lo “squilibrio” potrà giustificare al massimo un intervento assistenziale, non un adeguamento perequativo.